

Quarantasette minuti di improvvisazione registrata midi il 25 Dicembre 1998 nel mio laboratorio con una master Fatar Studio 900 e un campione di pianoforte del SC88 Roland.
Niente di prepensato, un vecchio rito che si ripete dai primi approcci al pianoforte quando, da bambino, mio padre mi portava con se in teatro a lavorare e lì, con o senza coda, c'era un pianoforte. Magia. Bisognava staccarmi da lì sotto anestesia totale anche le freccette al curaro potevano funzionare allo scopo. Chi doveva ascoltare suo malgrado si sarebbe sparato negli alluci ma io mi sentivo Dio.
Quel rito si è perpetuato arricchendosi via via delle esperienze di studio, di vita e di lavoro che andavano stratificandosi.
Il graduale impossessarsi di maggiori possibilità tecniche e di consapevolezze compositive avrà magari reso più fruibile l'ascolto a un maggior numero di persone ma ricordo bene di aver goduto dal primo momento in cui ho potuto perdermi, o ritrovarmi, diteggiando su di una tastiera anche le cose più semplici e naif. Ma veniamo ai giorni nostri.
In questa lunga suite si succedono episodi che definire "stilisticamente variegati e contrastanti" sarebbe veramente riduttivo e impreciso. Si potrebbe più propriamente parlare di accostamenti oltre i limiti della schizofrenia, di uscite iperspazio-temporali, trapassi multidimensionali, tutto questo ed altro rimbalzando tra il compiacimento tecnico ed effettistico e la dissacrazione immediata, improvvisa di tutto quello in cui un attimo prima credevo cecamente.
Visionario e iconoclasta.
Suite come viaggio, e qui ce n'è veramente per tutti i gusti, dall'impressionismo al contrappunto, dal romanticismo al latin, dal rock alla Andalusia, da Verdi a Freddy Mercury, dai recitativi a schizzi di pura compiaciuta follia, esotismo, tribalità, psichedelìa questo e la negazione autoirriverente di tutto questo della serie "non prendiamoci troppo sul serio" o anche si.
Il difficile può essere resistere all'ascolto dei momenti più ostici in relativamente alle proprie abitudini uditive.
Occorre tenere presente infatti che si tratta di una improvvisazione, di un percorso che non ha niente di prestabilito. Senza timor di indurre allo sbadiglio direi che una mia suite-improvvisazione-percorso-viaggio é, per me, una metafora della Vita. Non è come un film. Possono veramente succedere le cose più impensabili e impreviste, brutte o belle che siano. Non puoi tornare indietro a cancellarle. Puoi solo occuparti della prosecuzione del viaggio fiutando l'aria alla ricerca di un odore, di un profumo, di un'idea che forse morirà subito o che potrà generarne altre che altre ne genereranno.
Buon ascolto, se non sortisce effetti ripetere il trattamento.
Davide Fregni
